Il Discorso del Re: dal grande schermo al palcoscenico

Inviato da Sabrina Fasanella il Mar, 06/11/2012 - 19:50
Categoria recensione: 
Recensione Spettacolo Teatrale
Il Discorso del Re: dal grande schermo al palcoscenico

Il secondo appuntamento della stagione del Teatro morlacchi ha visto protagonista per 5 giorni Luca Barbareschi, regista e interprete del famosissimo "Discorso del Re". Precisiamo che si tratta della messa in scena del testo scritto per il teatro da David Seidler, il quale ha però alle spalle una carriera da sceneggiatore. La sua commedia ha effettivamente riscosso un enorme successo sul grande schermo: il film gli è infatti valso l'oscar per la migliore sceneggiatura originale. Meno fortunata la messa in scena inglese del testo, che a Londra è stata interrotta dopo sole 20 repliche. Si tratta di una commedia che potremmo definire in tanti modi. Il Discorso del Re è infatti un testo ricco di temi intrecciati: la storia sullo sfondo (e non solo), il potere, l'amicizia, ma soprattutto la parola. È la vicenda del re Giorgio VI, salito al trono allo scoppio della seconda guerra mondiale, di cui Seidler ci mostra il lato più "umano". All'inizio della vicenda il nostro Berty non è neanche erede al trono, ma il problema che ha non è comunque trascurabile: il suo ruolo in società da secondogenito del re e la tecnologia nascente gli imporranno di superare il grande scoglio della balbuzie. È per questo che avviene l'incontro con l'altro grande protagonista della vicenda, Lionel, attore fallito australiano che, trasferitosi nella madre patria Inghilterra con il sogno di essere ingaggiato per uno Shakespeare, riesce invece a farsi un nome a Londra grazie alla sua attività di logopedista. Questo incontro/scontro darà vita ad un cambiamento fondamentale per il figlio del re, duca di York, il quale acquista fiducia in se, supera la balbuzie e arriva dove non avrebbe mai immaginato: sul trono d'Inghilterra. Al centro della commedia vi è quindi l'uso della parola, la capacità di esprimersi, che ben si inserisce in un meccanismo di giochi di potere e regali equilibri, scandali amorosi e infanzie difficili, responsabilità pubblica e debolezze umane proprie anche ai potenti. Ma parliamo di questa messa in scena firmata Luca Barbareschi, attore di lunga esperienza, forse molto più conosciuto per il suo ruolo di provocatore nonché uomo politico. Ma il teatro è un'altra cosa. A teatro vediamo un Barbareschi spigliato e ironico, che si diverte a tingere di toni italici una commedia "inglesissima". Come ha ammesso lo stesso Barbareschi, la scrittura (lo ripetiamo, opera di uno sceneggiatore) non aiuta la messa in scena teatrale: tanti sono quindi gli espedienti "cinematografici" utilizzati dal regista, che si è aiutato con una scenografia in continua evoluzione (forse eccessiva) e con proiezioni di filmati storici che tanto ci fanno pensare al film di Hooper. Pannelli a scomparsa (spostati dagli stessi attori) compongono un décor sempre diverso focalizzando l'attenzione dello spettatore su questa o quella parte del palco, su questo o quel personaggio. Abbiamo detto che Barbareschi oltre ad essere il metteur en scène è anche uno degli interpreti principali: veste infatti i panni di Lionel. Ma degna di nota è l'interpretazione del vero protagonista, il duca di York, il corrispettivo del Colin Firth cinematografico per intenderci, ad opera di Filippo Dini. Evidente è lo studio sul personaggio e sulla sua "patologia", la balbuzie, indubbiamente difficile da interpretare senza rendere il testo inascoltabile. Dini ci ha svelato l'impegno nel dover comprendere non solo il "come" balbettare, ma soprattutto il "quando", cogliere cioè la gradualità della balbuzie, che varia a seconda della situazione e dell'interlocutore. Assolutamente spassosa e piacevole l'interpretazione di Ruggero Cara nei panni di Winston Churchill -l'attore, è proprio il caso di dirlo, ha davvero il physique du rôle!- . Il personaggio ha tinte quasi grottesche, che ci ricordano il Falstaff di shakespeariana memoria, come ha sottolineato lo stesso Cara. Punto di forza di questo testo è lo humour che alleggerisce una storia tanto più drammatica quanto più si considera la sua veridicità, la realtà storica della vicenda raccontata. Proprio per questo ci piace concludere con una riflessione dello stesso Barbareschi: è bello pensare che la Storia sia cambiata a causa di (o meglio, grazie a) un attore fallito.
Il Comodino dietro il sipario - Puntata dedicata allo spettacolo 
Filippo Dini - video

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