Siria e media - IJF14

Inviato da Radiophonica il Dom, 04/05/2014 - 20:40

 

 

a cura di Lucia Fontana

 

 

 

Il 2 maggio presso la Sala del Dottorato s'è tenuta una conferenza riguardo la guerra in Siria. A parlarne sono stati: Sakhr Al-Makhandhi, de J Megazine, Sam Dagher, The Wall Street Journal, Marwan Maalouf, co-fondatore di Menapolis e Ugo Tramballi de Il Sole 24 Ore.

Il dibattito s'è basato principalmente sul rapporto tra l'informazione e la stessa Siria, dove da circa tre anni si combatte la guerra civile tra il Regime e i Ribelli. La situazione è molto delicata, infatti nonostante il Regime abbia superato la guerra mediatica, dimostrandosi così molto più aperto ai media, il recupero delle notizie continua a dimostrarsi difficile.

Gli stessi giornalisti presenti all'evento, hanno ammesso che il fulcro del problema nasce a Damasco, cuore del paese, gestito interamente dal Regime, che di conseguenza permette la trasmissione di notizie solo a scopo propagandistico.

Diverse volte è stata sottolineata la differenza tra ciò che ogni giorno ascoltiamo o leggiamo dai vari notiziari e la realtà dei fatti. Bisogna innanzitutto partire dal presupposto che ad essere distorte sono le stesse notizie siriane, basti pensare ad Aljazeera che punta di continuo ad una propaganda filoregime, rendendo quindi ancora più difficoltosa la comprensione dei fatti stessi.

Svariate sono anche le problematiche che ogni giorno devono affrontare i giornalisti esteri, i quali hanno un visto di massimo una settimana, un tempo quindi troppo ristretto per poter recapitare una certa quantità di informazioni, recuperate il più delle vole solo dagli islamici. Tutti fattori che spiegano il perchè non si riesca a capire il vero motivo dello scontro.

E' stato ribadito che nel corso degli anni c'è stato un miglioramento, basti pensare all'82 quando vi fu una strage di civili e non si venne a sapere niente, al contrario, ora un minino d'informazione circola, nonostante i Ribelli negli ultimi anni si stiano chiedendo quale sia il vero scopo dei giornalisti, dal momento che questi devono sempre dar conto all'autorità, quindi al Regime.

Bisogna comunque ammettere che se l'informazione è così confusa, è perchè proviene da un contesto poco chiaro.

In poche parole ci ritroviamo da un lato un Regime sicuro del suo programma e del suo controllo sul territorio e dall'altra parte un'opposizione che è approvata da gran parte dei cittadini siriani ma non presenta un programma chiaro e una voce unica.

La conseguenza di tale disordine, come ammette Tramballi, è l'apatia da parte dei lettori esteri: " I giornali vengono fatti per essere venduti, abbiamo notato che i titoli in prima pagina riguardo lo scontro, non attirano il pubblico, a causa anche della nostra difficoltà nel spiegare la questione" Non poche sono state le domande poste dai presenti, per esempio, c'è chi ha paragonato il conflitto alla guerra fredda tra Russia e America e chi ha accennato all'origine del conflitto da organizzazioni segrete occidentali.

Le risposte sono state molto chiare anche se poco esplicative. I diretti interessati hanno infatti confermato che l occidente stesso ha peggiorato la situazione, ciò però non significa che abbia dato origine allo scontro. La Siria è un paese dove l informazione ha sempre circolato poco e male, al contrario dei piani segreti, l'America però, se fosse stata davvero interessata, avrebbe già trovato una strada per invadere il territorio.

 

La soluzione da attuare per porre fine alla civil war non dipende dall'occidente o dall'America, ma solo da loro: quando il Regime la smetterà di comportarsi come il vincitore e i Ribelli di controbattere e si arriverà ad una trattativa in loco, allora si entrerà in un clima di pace. Così come ha ammesso Al-Makhandhi:" la normalità arriverà solo quando capiranno che non c'è più nulla da vincere, bisogna collaborare".

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