Raccontami una storia: il futuro della scrittura è online

Inviato da Visitatore (non verificato) il Dom, 25/04/2010 - 21:45
Raccontami una storia: il futuro della scrittura è online

“Cosa accade alle tecniche narrative tradizionali durante la transizione al mondo web della forma breve?” L'epoca digitale offre nuove opportunità per la narrativa e il web ha reso molto più facile raccontare storie. Tutto vero?
I contributi video e audio, oltre alla diffusione dei blog e social network stanno mettendo in moto qualcosa di nuovo. L'errore da non commettere è paragonare il linguaggio cartaceo a quello digitale. “C'è una contraddizione tra l'esigenza dei giornali (in crisi) che chiedono ai giornalisti di occuparsi di tutto e il fatto che il giornalista non può svolgere lo stesso lavoro semplicemente schiacciando un tasto diverso”, ha commentato Alessando Gilioli de L'Espresso.
La tendenza è cercare di specializzarsi a seconda della piattaforma di riferimento. Al Jazeera, però, ha già sperimentato qualcosa di nuovo. A testimoniarlo è il direttore new media Moeed Ahmad: “L'anno scorso abbiamo lanciato una piattaforma web. Quando viene creato un pacchetto televisivo mettiamo del materiale sul web. Questo esperimento ha funzionato bene: molti giornalisti televisivi che scrivono sui blog riescono a creare una relazione più profonda con i lettori. Analogamente i giornalisti web stanno utilizzando delle piccole telecamere mobili per girare dei video e poter entrare nel vivo di una storia”. La tendenza negli Usa, invece, è che il giornalista mette sul blog una notizia molto breve, ma la storia si evolve nel corso del tempo. La gente si sintonizza per vedere lo sviluppo di quella storia. Alle volte succede anche che il giornalista scrive una storia e poi sono gli utenti a continuarla. Si crea un qualcosa di nuovo che rende possibile il coinvolgimento diretto del lettore.
L'ascesa di Twitter rientra in questa evoluzione del linguaggio visto che il contenuto non può superare i 140 caratteri. Twitter ha svolto un ruolo chiave durante le ultime elezioni iraniane e secondo Ahmad “sono state quelle che hanno permesso a Twitter di diventare maggiorenne”. È stata l'unica fonte di informazione. “Abbiamo preso quelle stringhe e le abbiamo messo sul sito di Al Jazeera: quella pagina è diventata la quarta più vista nei giro di due giorni. Per noi è stato importante perché abbiamo capito che bisogna utilizzare Twitter”. I giornalisti tradizionali, però, ancora non lo sanno, soprattutto quelli italiani. In Italia c'è un profondo ritardo nella digitalizzazione e le politiche del Governo vertono tutte sulla televisione. Quel poco che è stato fatto per internet è stato fatto male. Un esempio è fornito dal decreto Pisanu, introdotto dopo gli attentati del 2004 a Londra: la norma prevede che chiunque abbia un hotspot wifi deve denunciarlo alla questura (e poi bisogna chiedere la carta d'identità). L'Inghilterra, così come gli Stati Uniti, non hanno fatto nulla dopo i rispettivi attentanti. È una questione nazionale.
L'ultimo disegno di legge sulle intercettazione compara i blog con la carta stampata: bisogna registrarsi ai tribunali. È opportuno ricordare anche che un ministro della Repubblica ha paragonato i social network ai gruppi terroristici degli anni Settanta. Anzi, ha definito i primi ancora più pericolosi. Non si cerca di chiudere il web, lo si contrasta. “In Italia siamo ancora fermi al concetto che il giornalismo è consegnare il pezzo e andare a prendere l'aperitivo”, è il commento di Gilioli. Oggi la comunicazione è cambiata. “Il giornalista italiano non sa ancora distinguere tra contenuto e conversazione”. Come al solito il nostro Paese si distingue di certo non per le buone notizie. Potremmo continuare citando l'età media dei giornalisti, il disatteso ricambio generazionale e molto altro.
Lasciamo da parte la situazione italiana per affrontare quanto di positivo sta avvenendo nel mondo digitale. “Una delle cose che Google sta facendo è che ha realizzato una nuova infrastruttura per la ricerca”, ha sottolineato Megan Garber (Columbia Journalism Review online). “Google potrebbe aprire tramite i link. Anche per un pezzo breve ci sono informazioni di sostegno. Anche su Twitter ci sono alcuni siti che sono forme di narrativa lunga. Bisogna saper essere in grado di mettere insieme le due cose”, ha aggiunto Andrea Pitzer (Nieman Foundation for Journalism, Univesità di Harvard). La tendenza è che le idee del blogger e del giornalista dovranno convergere. Quello che conta è il prodotto e il futuro è di andare dove vanno i consumatori. La strada da percorrere è ancora lunga. Speriamo bene.

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