Precari: il lavoro che non si paga o che pagano gli altri

Inviato da fucsia il Gio, 25/04/2013 - 23:27

Oggi, 25 aprile, secondo giorno del Festival Internazionale del Giornalismo, ma soprattutto Festa di Liberazione d'Italia, al Centro Congressi Alessi si è tenuto un incontro sul precariato, o meglio "il lavoro non è gratis". In verità, non si è parlato di lavoro in generale, ma di giornalisti. Di giornalisti pagati dai 3 ai 5 euro a pezzo, non tutelati, non protetti, di conseguenza, neanche nei casi in cui ci si ritrova a dover rispondere in tribunale di querele per diffamazione che forse sono più diffamatorie ancora del motivo stesso della querela. Ma, a parte questa parentesi, di certo, importante, durante l'incontro Eleonora Voltolina, nota nell'ambito giornalistico per essere la direttrice di repubblicadeglistagisti.it, ha presentato la sua nuova testata online, Articolo 36. Il riferimento è al medesimo articolo della Costituzione, cioè quello che, almeno in teoria, attribuisce ai lavoratori il diritto a una retribuzione adeguata alla quantità e qualità della prestazione svolta e dignitosa per la vita del lavoratore. Una cosa stupenda. Ma mai quanto l'idea della Voltolina. Articolo 36, infatti, per potersi permettere di pagare "dignitosamente" i propri giornalisti prevede una serie di miniabbonamenti da 3, 5, 10 euro. In questo modo, sarebbe il lettore a contribuire alla "salvezza" della testata. Si sa, le case editrici sono in crisi. Specie se ne hai due. In pratica, funziona così: il lettore apre il sito, vede un'anteprima dell'articolo (che la Voltolina ci giura essere di qualità) e se vuole paga il resto. Non che io sia una grande imprenditrice, ma se cerca di camparci, non so quanto possa riuscirci. Le problematiche sono diverse, in realtà. Uno: il lettore non paga perché fondamentalmente trova il servizio altrove e gratis. Due: Se il lettore non paga, l'articolo ormai è bello che scritto, come fai a pagare comunque 40 euro a pezzo? Tre (e forse quello più importante per il precariato stesso): Per quale strana congiunzione astrale il lettore dovrebbe accollarsi il costo di un rischio che non è nè più nè meno che imprenditoriale? E soprattutto, perché accollare agli utenti il costo di un problema che è quello delle politiche lavorative italiane?
La volontà alla base del progetto sarebbe anche buona. Ma non solo non credo convenga economicamente parlando, ma ritengo che, in questo modo, si rischia di dimenticare che il precariato non esiste solo fra i giornalisti, ma esiste anche e soprattutto in settori da sempre più svantaggiati e logoranti. E allora, perché far pagare un precario ad un altro precario? Senza considerare, poi, cosa possa comportare una scelta del genere, che ben potrebbe essere fatta da tutti, per il diritto di informazione. Cosa ne sarebbe del lettore se fosse sempre costretto a pagare? Sarebbe un lettore precario, non solo magari nella sua vita lavorativa (dato che il fenomeno è più la regola che l'eccezione), ma anche in quella sociale.

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