Domani i giornali non usciranno

Inviato da Il Comodino die... il Mer, 23/01/2019 - 12:20
Categoria recensione: 
Recensione Spettacolo Teatrale

a cura di Oscar Giambitto

 

La stagione di prosa del Nuovo Anno del Teatro di Sacco si apre con lo spettacolo: “Domani i giornali non usciranno” portato in scena il 19 gennaio 2019, presso la Sala Cutu di Perugia. Una toccante drammaturgia scritta da Veronica Raimo, interpretata intensamente dall’attrice Alessandra Chieli della Compgania Barone Chieli Ferrari.

La collaborazione tutta al femminile è ispirata dalla drammaturgia di Ingeborg Bachmann e dal suo carteggio con Paul Celan, una corrispondenza durata venticinque anni, una storia d’amore mai consumata davvero se non attraverso la distanza.

Domani i giornali non usciranno: perché non ci sono più parole da scrivere per via di tutti i messaggi che ci siamo mandati in questo caldo giorno di luglio.

Un aeroporto, una coincidenza persa e una donna si ritrova lì, sola, in uno spazio apparentemente asettico, un non-luogo dove si perdono i confini e i pensieri aumentano, accrescono nella mente e costringono alla riflessione per riavvolgere il filo logico che li tiene uniti. La donna non ha perso un semplice volo, ma piuttosto Il Volo che le avrebbe permesso di congiungersi fisicamente con il suo uomo, il suo amore e di lasciarsi alle spalle la stretta quotidianità.                                                                                                                                                      

Un momento vagheggiato da mesi, giorni, ore di preparazione, dedizione e cura per renderlo unico e indimenticabile. Quasi una lotta per raggiungere la perfezione, per sfuggire alle costrizioni sociali.                                                                           

Essere imprigionata in una realtà a temporale le permette di meditare sulla sua relazione, una storia d’amore a distanza, filtrata attraverso l’immaginazione per analizzare la sua immagine di donna che rivendica il proprio diritto all’insoddisfazione, a discapito di chi la costringe ad essere ottusamente soddisfatta; godere della possibilità di scegliere per non negarsi la possibilità di farlo, perché non riesce a vivere senza avere qualcosa in sospeso.  

In un lungo monologo, con un riso amaro, ripercorre alcune tappe della sua vita e l’uomo tanto amato, evocato dalla forza delle parole, si fa carne e poi sfuma nei ricordi, che permettono di sopportare i chilometri, di lasciarlo andare.                                                                                                                  

Una scenografia minimalista e apparentemente statica, costituita da quattro pannelli bianchi che fungono da sbarre, da specchi mentre le voci fuori campo confondono e strattonano la protagonista. La staticità si perde, tra giochi di luci ed ombre poiché i pannelli si trasformano in linee su un suolo nero: riproduzione geometrica della nebbia tanto amata, quella nebbia che velatamente cinge la realtà e consente di percorrere i labirinti della mente senza essere distratti dai dettagli circostanti.

Una storia d’amore lasciata a metà, sospesa ad un filo invisibile tra la realtà e l’immaginazione, nel limbo dei dubbi, nel gioco dei ‘se’ ma solo ripercorrendoli la donna riesce a congiungersi con il proprio Io. Comprendere che quella perfezione tanto agognata, non può esistere e la rinuncia è il prezzo da pagare per essere libera, per affermare sé stessa.

 

 

Nota d’omaggio a Veronica Raimo per aver composto un testo che sfiora una lunga poesia.

 

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