Lo "storico" che non c'era: tra giornalismo e divulgazione

Inviato da Visitatore (non verificato) il Dom, 25/04/2010 - 15:17
Lo "storico" che non c'era: tra giornalismo e divulgazione

Così quello che sarebbe dovuto essere un serio dibattito dai contenuti storico-giornalistici si è rivelato una passerella pubblicitaria per i presenti e le loro personali esperienze. L'assenza del prof.re Vittorio Vidotto, sostituito dallo storico X è stata quanto mai decisiva per fare calare la noia e riempire di vuoto le menti dei presenti. Nulla da dire contro i relatori che si son trovati di fronte due giovani speaker quanto mai orgogliosi del loro ruolo, ma incapaci di portare sulla retta via i contenuti del dibattito. Piero Corsini ha elogiato il 'suo' programma “La storia siamo noi” sottolineando come un ambiente di lavoro giovane possa essere utile a raccontare i fatti in modo “neutrale”. Benedetta Tobagi, figlia di Walter Tobagi (ucciso in un attentato terroristico il 28 maggio 1980) ha accennato alla sua personale (e triste) esperienza senza però affrontare il focus del convegno: la strumentalizzazione della storia. Giovanni Fasanella è intervenuto, tutto qui.
Perché la storia subisce il peso della divulgazione giornalistica? Di chi è la colpa nel diffondere un sapere storico ancorato alle passioni e non ai fatti? Nessuno ha risposto tecnicamente a questa domanda. La platea si è trovata di fronte a un ping pong di informazioni spesso simili a discorsi da salotto e come tali inutili. “Se non abbiamo superato le divisioni del passato è colpa degli storici”. “Non è vero” la responsabilità ricade sulla politica. “I problemi sono dentro la scuola”. “È una questione di mala società”. Peccato che nessuno abbia sostenuto l'idea che fosse colpa del mondo, oppure degli alieni.
Non si può parlare di storia senza la presenza di uno storico all'altezza del dibattito, in grado di spiegare quanto la ricerca accademica (quella buona) possa fornire risposte sulla società del passato. E così l'aspetto più interessante del convegno è stata la presenza/assenza de “lo storico”: il suo punto di vista avrebbe dovuto spiegare l'importanza della ricerca, delle fonti, di tutto ciò che concerne l'osservazione. “Nessuno storico è senza passioni”, scriveva March Bloch. Ed è proprio dal professore francese che potevano essere attinte informazioni utili per il dibattito: “Gli stessi studiosi del presente, come i giornalisti, non devono cadere nell'errore che il presente sia staccato dal passato”, ma il passato non va valutato con gli strumenti del presente. Servivano contenuti, non idee personali. Peccato, lo storico c'era ma la storia no.

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