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In Thailandia la guerriglia va avanti portandosi dietro nuovi morti, il numero delle vittime è arrivato a sei da quando il governo, pochi giorni fa, ha deciso di reprime l’occupazione delle camicie rosse nel centro della città di Bangkok. Il CRES, l’organo militare che sta curando lo stato di emergenza, ha deciso di non imporre il coprifuoco, giustificando la scelta con la necessità di non colpire ulteriormente le persone estranee alla rivolta; ma la tensione resta alta, i militari non hanno mostrato remore nel dare fuoco, la CRES rassicura che nel mirino ci sono solo i rivoltosi. Gli uffici pubblici sono stati chiusi, e bloccati i fondi di 106 società economiche legate all’ex Primo Ministro Thaskin, considerato il principale sostenitore economico delle camicie rosse. La CRES ha lanciato una possibilità di redimersi ai rivoltosi e di uscire dalla zona rossa alle donne e ai bambini entro domani, promettendo a chi volesse abbandonare la rivolta nessuna ripercussione legale. La risposta delle red shirt è stata fioca, se non nulla. Nella città madre delle camicie rosse, Ubon Ratchatani, i manifestanti hanno occupato le strade e incendiato pneumatici, anche lì non si può escludere un blitz dei militari. Nonostante le camicie rosse siano allo stremo della forza hanno affermato di non considerare la resa, puntano ora ad un nuovo negoziato e affinché qualcosa si muova al più presto hanno lanciato un appello al Re, unica speranza rimasta per risanare la situazione.