MATRIOSKA: O la capacità di sparire nelle forme degli altri

Inviato da Radiophonica il Lun, 12/11/2018 - 12:14

 

Mercoledì 14 e giovedì 15 novembre, alle ore 17.30, presso il Carcere di Capanne a Perugia, con lo spettacolo MATRIOSKA: O la capacità di sparire nelle forme degli altri, si conclude il laboratorio teatrale tenuto negli ultimi mesi dall’artista Vittoria Corallo nella sezione penale maschile. 

 

Il progetto, del Teatro Stabile dell’Umbria in collaborazione con la Casa Circondariale di Capanne, nasce dal desiderio di costruire un legame tra parti lontane della nostra comunità, e farle incontrare in un luogo emarginato, sia dal contesto urbano, che da quello dell’esperienza civica, come il carcere, e trasformarlo in un luogo accogliente, in cui si tesse e si racconta una storia.

Proprio per questo lo spettacolo è aperto alla cittadinanza, il momento di restituzione della creazione teatrale, e la partecipazione dei cittadini, è la conclusione del progetto e sua parte integrante.

 

 

Lo spettacolo scritto e diretto da Vittoria Corallo è liberamente ispirato dal “Woyzeck” di G.Buchner e racconta le vicende di un uomo soggetto agli abusi di potere della comunità di cui fa parte, e della sua esistenza schiacciata da doveri e umiliazioni, anche nella sua stessa casa e famiglia.

La storia di Buchner si conclude con un omicidio, da parte dello stesso Woyzeck, che uccide sua moglie.

“Ho deciso di togliere il crimine dalla nostra storia, - racconta Vittoria Corallo - perché il luogo in cui la raccontiamo, lo contiene e lo evoca. Volevo aggirare il rischio del giudizio e della retorica. Nell’ affrontare questo testo, che ho riscritto, aggiungendo personaggi, e introducendo eventi che appartengono al nostro tempo e luogo, ho avvicinato ed esplorato il tema del potere. L’ho distribuito allegoricamente a personaggi che assomigliano a uomini cartonati, con caratteri che si stagliano tra l ombra dell’umiliazione e l’ombra dell’abuso di potere. Ci si chiede dove sia la libertà nell’ espressione del potere, e nella subordinazione ad esso. L’ho chiamato Matrioska perché nel nostro racconto ogni offesa si nasconde dentro un’altra umiliazione.

I fili della dignità e della libertà degli uomini sembrano manovrati da forme e costruzioni, di cui non siamo più gli ingegneri. La famiglia, la coppia, i ruoli sociali, diventano quasi archetipi, nel nostro luogo narrativo indefinito, l’unico luogo che dobbiamo includere tra gli elementi attivamente narrativi è quello che ci circonda, fatto di sbarre e porte blindate che si chiudono dietro di noi. Gli stessi sentimenti di chi si troverà nel pubblico quando racconteremo questa storia, saranno tracce della storia stessa, e delle domande che spero questa possa generare.

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