Carta bianca (o canta): Marco Travaglio

Inviato da Lucina il Sab, 16/04/2011 - 22:22
Carta bianca (o canta): Marco Travaglio

Il primo pensiero è che siamo molti meno degli anni passati. Sarà il freddo pungente che è ritornato a soffiare col suo vento su Perugia. Sarà che cinque ore in fila fuori al Teatro Morlacchi hanno scoraggiato anche i più arditi. O sarà che ci piace ascoltare la lingua affilata di Marco Travaglio quando legge dalla sua Moleskine nel Salotto del giovedì di Annozero. Marco Travaglio è ormai uno degli appuntamenti fissi del Festival Internazionale del Giornalismo, capace di scomodare intere famiglie e folle di giovani che accorrono per sapere quali nuovi diabolici pentoloni ha scoperchiato il vice-direttore dell'unico giornale indipendente italiano.
Al di là dell'esperienza dello scorso anno, quando venne insieme alla sua redazione per raccontare l'avventura del nuovo giornale, Il Fatto Quotidiano, nato e cresciuto dalla passione di alcuni amici per la verità, senza ricevere alcun finanziamento da partiti, e aldilà dei suoi soliti interventi, appuntamenti fissi per coloro che ritengono l'informazione sia altro dal Tg1 di Minzolini, i suoi discorsi, monologhi, racconti su come si può temere una notizia che si conficca nella memoria, e quanto sia facile, manipolando le parole, arrivare a manipolare i fatti e la memoria collettiva, quest'anno la sensazione percepita ascoltando il monologo di Travaglio dal maxischermo di Piazza Morlacchi è u n'altra. Racconta fatti e verità al di là del verosimile. Alcuni vecchi,già ascoltati come gli intrighi di palazzo di Bertolaso &co o le storie personali del Ministro Scajola.Altri fanno venire i brividi, come la ricostruzione a L'Aquila e le menzogne del premier in una Lampedusa che lamenta l'abbandono da parte del governo. Ma ciò che fa irrigidire più del vento freddo che soffia sulla piazza è vedere come gli astanti ridano a crepapelle e battano le mani a sentire le eroiche gesta di cui i nostri governanti si sono resi protagonisti. A me non fa ridere. E come non fa ridere me, c'è un sacco di altra gente incazzata che non ne vuole più sapere di Ruby, delle case di Scajola, dei massaggi di Bertolaso e del palle del Presidente del Consiglio. Il giustizialista, così lo ha definito Giuliano Ferrara, erede e alunno del grande Montanelli, è seguito e amato dal pubblico proprio perchè non si ferma alle parole che questi politici abilmente usano per commentare o descrivere le loro imprese. Travaglio è uno che scava e come pochi altri in Italia non ha paura di sporcarsi le mani di fango. Travaglio è uno che non ha paura, sa cosa dice, è documentato, ha una memoria di ferro a cui non siamo abituati. Sorprende e sconvolge con i suoi racconti, i suoi reportage. Ma non fa ridere. Non è un comico. E se talvolta, mentre racconta, la risata dilaga perchè si lascia prendere la mano e fuori dagli studi televisivi o dagli spazi del suo editoriale si concede una battuta è perchè anche lui forse non ne può più delle tragicommedie all'italiana che fanno parlare tutto il mondo.Ma in tutto questo, veramente non c'è niente da ridere. I dettagliati resoconti di un giornalista a schiena dritta, che non si ferma alle giustificazioni ufficiali perchè stipendiato dalle stesse, dovrebbero far scattare moti d'animo, se non rivoluzionari, che spingano alla piena consapevolezza che ora di riprenderci il nostro paese, il nostro futuro. Al di là delle risate, ciò che rimane è un promemoria.

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